Verità e Realtà
Epistemologia della seconda attenzione
P.L.Lattuada M.D., Ph.D.
Il modo migliore per realizzare un sogno è svegliarsi
Paul Valéry
Verso una Scienza della Coscienza
La scienza della coscienza si occupa della vera natura degli eventi, la sua giurisdizione si definisce pertanto in quella che potremmo chiamare l’area di confine tra Realtà e Verità.
Impresa ardua dal momento che a ciascuno la propria Realtà appare come Vera.
Di fronte alla difficoltà dell’impresa la scienza nei suoi oltre tre secoli di storia ha fino a pochi decenni or sono risposto eliminando dal suo ambito di ricerca la dimensione responsabile della difficoltà: la dimensione soggettiva della coscienza.
Questa soluzione ha consentito alla scienza di procedere spedita producendo sul versante del Reale un progresso tecnologico stupefacente.
Col tempo e soprattutto grazie alla contaminazione tra le nuove scoperte della fisica moderna coincidenti con le acquisizioni millenarie della filosofia perenne si è giunti a comprendere che la difficoltà andava affrontata in altro modo, il progresso tecnologico procedendo spedito si lasciava alle spalle voragini sul versante della Verità; diveniva sempre più chiaro che non si poteva negare il problema per risolverlo, snaturare la Vera Natura della Realtà per comprenderla.
Infatti se è vero da un lato che per costruire ponti, navigare lo spazio, produrre energia, realizzare prodotti ad alta tecnologia o interventi di ingegneria genetica non è necessario conoscere la Vera Natura della Realtà, ma basta essere in grado di manipolarla, dall’altro ad un’osservazione attenta l’universo appare sempre più come un tutto interconnesso attraversato da coscienza e gli individui e le società soffrono sempre più un senso di disumanizzazione e distanza dall’essenziale.
Da più parti, fin dai tempi nei quali Maslow ormai decenni orsono auspicava che la scienza ampliasse i suoi metodi e la sua giurisdizione, ci si sta muovendo per l’affermazione di una Scienza della Coscienza.
La scienza duplice
Da parte nostra proponiamo il termine di Scienza della Realtà per definire la scienza del mondo fisico, quella che viene riconosciuta come la scienza propriamente detta, l’unica nota ai più, quella per intenderci fondata su concetti quali ripetibilità, misurabilità, falsificabilità.
Proponiamo il termine Scienza della Verità, (o della Coscienza per chi si senta di osare troppo scomodando la Verità) per la nuova scienza emergente da una Nuova Visione che cerca faticosamente di dire la sua, con parole e strumenti nuovi, stretta tra l’arroganza dei Garanti della Realtà e gli anatemi dei Dogmatici della Verità.
La scienza della Realtà propone una metodologia che attraverso l’esperimento vuole arrivare ad affermare con buone probabilità di certezza, ciò che è vero e ciò che è falso.
Le garanzie richieste alla scienza della Realtà sono molto elevate, vicine alle certezze, verificabili, misurabili e ripetibili ed è doveroso che essa sappia fornirle. Compatibilmente con i suoi strumenti e i suoi metodi è giusto che essa sappia dirci cosa fare e cosa non fare.
Tale metodologia e tali garanzie non possono però essere applicate e richieste alla Scienza della Verità.
La Scienza della Verità si occupa di esperienze interiori per loro stessa natura incommensurabili e irripetibili, non le si può richiedere misurazione e ripetibilità, a meno di snaturarle facendole decadere sul piano della Realtà.
La Scienza della Verità non ha e non può avere la pretesa di dire cosa sia la Verità, non si occupa di cosa sia vero o falso, si occupa di proporre una metodologia scientifica, cioè che fornisca garanzie di validità, in grado di suggerire come accedere alla Verità, a cosa essa assomigli o cosa essa non sia.
La Vera natura di Realtà e Verità
La proposta sarebbe però destinata a fallire se non si comprendesse e rispettasse la vera natura del dialogo tra Realtà e Verità, che è inclusivo e non esclusivo.
Realtà e Verità esprimono infatti due mondi molto diversi tra loro i quali però sono inscindibilmente interconnessi.
Per Realtà, dal latino res, cosa, intendiamo con Krishnamurti (1977) ”tutto quello su cui il pensiero interviene o riflette, o che inventa.” Stiamo parlando del luogo degli oggetti, esterni o interni che siano, del mondo dei contenuti della coscienza.
Il concetto di Verità richiede una riflessione più approfondita dal momento che definisce il versante del soggetto, cioè di colui che interviene sulla Realtà e soprattutto definisce il modo del soggetto di fare esperienza della Realtà.
Nel nostro precedente articolo (2010) abbiamo introdotto la metafora del Padrone dei Dati volendo con questo indicare la necessità di considerare, colui che elabora l’esperienza, cioè il suo modo di intervenire sulla Realtà, come parte integrante dell’evento sul quale si voglia indagare.
Abbiamo poi individuato due modalità di conoscenza, quella logico razionale e quella intuitiva: Omino A e Omino B. (2010)
La Realtà che i nostri sensi colgono può venire elaborata dal Padrone dei dati secondo una delle due modalità citate: la prima che tende a separare per comprendere, la seconda che tende a cogliere l’insieme, la prima che nasce dal pensiero, la seconda che nasce quando il pensiero si ferma.
L’omino A tende ad affermare questo è questo, l’omino B tende ad affermare questo e quello, ci si trova di fronte a due modalità di conoscenza che determinano due visioni del mondo. Visioni che nella storia dell’umanità si sono rincorse contrastandosi il più delle volte, cercando una reciproca convivenza altre.
Analizzando l’etimo del termine Verità ci accorgiamo dell’esistenza di un ambivalenza che potrebbe spiegare il dualismo strisciante che ha così spesso contraddistinto la giornata evolutiva del pensiero umano. Semplificando ai minimi termini potremmo concludere che si tratti del dualismo tra la Verità di Fede e la Verità di Ragione.
La Fede, dominio della religione, caratterizza qualcosa di indimostrabile in cui bisogna credere, la Ragione, dominio della scienza, caratterizzata dal saper pensare, scopre la condizione che permette di definire la cosa e renderla vera grazie al logos, il ragionamento che la dispiega.
Prima della nascita del pensiero scientifico, a disputarsi la scena sul palcoscenico della storia del mondo occidentale erano i filosofi e i padri della chiesa.
Da un lato i concetti Aristotelici, Socratici e Platonici che ritenevano necessario l’ausilio dell’intelletto alla percezione sensibile, dall’altro la visione della chiesa che sosteneva l’irriducibilità della nozione di Verità a quella di dimostrabilità.
Da un lato Agostino, Bonaventura, Cusano che concepivano la Verità come qualcosa di trascendente il pensiero logico-lineare afferrabile tramite l’intuizione che sfocia nella dimensione estatica, dall’altra il concetto di doppia Verità sostenuto nel medioevo da Averroè che riprendendo gli Aristotelici sosteneva che le Verità di Fede e di Ragione dovessero costituire un’unica Verità, conoscibile dai più semplici tramite la rivelazione e ai filosofi tramite la riflessione sulle Sacre Scritture.
L’avvento del pensiero scientifico coincise con il patto tra chiesa e scienza che elevò il dualismo a metodo con la famosissima separazione di Cartesio tra Res extensa e Res cogitans.
Come abbiamo detto, questo compromesso aprì la strada alla scienza e al mondo come lo conosciamo oggi, ma contiene in sé un duplice errore che vogliamo qui sottolineare. L’errore materia/coscienza e l’errore uno/molteplice.
Da un lato, infatti, introdusse nella scienza il germe del materialismo del quale non si è ancora liberata, dall’altro tirando una riga tra materia e coscienza non si accorse che la coscienza non era unica bensì molteplice. Quanto meno duplice e lo vediamo calandoci nell’etimo del termine Verità.
In greco antico verità si dice alètheia che viene da lanthano che vuol dire "coprire", il quale lanthano proviene da Lete,il fiume dell'oblio, il fiume che copre. Alètheia, pertanto esprime esattamente il contrario di ciò che si copre, vero è ciò che si scopre.
Il termine veritas, importato in civitas dalle periferie balcaniche dell’impero, sta invece a significare fede, ad indicare che in origine si ritenesse vero ciò in cui si avesse fede.
Da un lato, quindi ciò che si vede, dall’altro ciò che si crede.
Da un lato i Garanti della Realtà che credono solo a ciò che vedono, dall’altro i Dogmatici della Verità che vedono solo ciò in cui credono.
I primi, scettici impenitenti impegnati a dimostrare l’indimostrabile a misurare l’incommensurabile o a negarlo inesorabilmente, i secondi, determinati a escludere ogni conoscenza che contraddica il dogma della Verità Rivelata, quale che essa sia. I primi che davanti al Colosseo ancora non credono di essere a Roma se non lo verificano su di una mappa certificata e garantita da un atto notarile e poi nutrono ancora dubbi, i secondi che di fronte alla torre di Pisa ancora insistono di essere a Roma dal momento che lo hanno letto sulla mappa (sbagliata) che hanno in tasca.
Così stando le cose non c’è da stupirsi che scienza e religione non riescano a dialogare, che i religiosi insistano sulla non discutibilità dei dogmi della fede e gli scienziati neghino l’esistenza dell’anima e trascurino gli studi sulla coscienza se non in quanto prodotto dell’attività cerebrale.
Dialogo tra Realtà e Verità
L’ Epistemologia della Seconda Attenzione suggerisce una via per superare tale dualismo tra scienza e religione, tra fede e ragione, una via che passa dalla comprensione della vera natura di fede e ragione.
In breve, la fede non si esaurisce nel credere, il pensiero non si esaurisce nella ragione.
Ragione deriva dal latino ratus che significa determino, stabilisco, giudico.
Fede, come Verità, presenta un etimo ambivalente, sia il latino fides che il greco feithè significano persuado, credo e sono fatti derivare dal sanscrito bandh che significa legare ma anche da budh-yathè che significa invece osservare, conoscere sapere da cui il greco phyt-anomay, conosco.
L’ Epistemologia della Seconda Attenzione suggerisce di affrontare il dialogo tra Realtà e Verità suggerendo l’esistenza di un versante transpersonale di fede e ragione, suggerisce al Padrone della Visione la possibilità di operare sulla sua attenzione per passare dal giudizio all’osservazione, cioè dalla ragione all’intuizione, e gli suggerisce di farlo senza escludere il giudizio o la ragione ma includendoli riconoscendone la loro vera natura, grazie alla purificazione di osservazione (senso visto) sensazione, (senso sentito) e azione (senso agito).
Ipotesi dell’Epistemologia della Seconda Attenzione è che attraverso osservazione pura, sensazione pura e azione pura sia possibile trascendere la Prima Attenzione che coglie la Realtà e con essa si identifica nella Seconda Attenzione che osserva e si disidentifica.
Tale operazione consiste in un dialogo incessante tra Realtà e Verità, dialogo che comprende oggetto e soggetto, evento e Padrone dei dati, confine e colui che ne fa esperienza, cosa e modo, versanti che coincidono sempre, qui e ora.
Ogni cosa è nel suo modo, la cosa indica il versante della Realtà, il modo indica il versante della Verità.
Il confine1tra cosa e modo, tra Realtà e Verità verrebbe pertanto definendosi come la madre di tutti i confini, il “confine immanente”2, inerente3ad ogni evento. Confine che come ogni altro, in Realtà esiste ma in Verità non esiste, che da un lato indica la fine dall’altro indica l’inizio, da un lato preclude dall’altro indica, da un lato permane nel qui e ora dall’altro trascende se stesso nell’altrove.
Ne consegue che ogni evento è ad un tempo immanente e trascendente, sostanziale ed essenziale, cosale e modale; ogni evento è Reale e Vero allo stesso tempo.
Ipotesi dell’ Epistemologia della Seconda Attenzione è che sia insita nel confine, cioè in ogni evento, la necessità di precludere ( questo non è quello) o di includere e indicare (questo è quello).
La necessità di indicare o precludere è insita nel confine, la responsabilità del fatto che indichi o precluda è insita nel Padrone della Visione, il soggetto dell’esperienza del confine il cui livello di attenzione determinerà la qualità del dialogo che si esprimerà alla superficie del contatto tra soggetto e confine.
L’ipotesi è che la Prima attenzione precluda, la Seconda indichi e indicando includa, qui ed ora, sempre. L’errore epistemologico, si compie quando la Prima esclude la Seconda o la Seconda esclude la Prima. Nella Prima attenzione la sedia non è un albero, nella Seconda Attenzione sedia ed albero, sono, qui ed ora, e questa consapevolezza coglie la loro unità nell’essenza. Consapevolezza che non potrebbe essere raggiunta se la Prima Attenzione non tracciasse confini, discernendo tra sedia e albero.
La scienza della Realtà propone una metodologia per interrogare la realtà che attraverso l’esperimento vuole arrivare ad affermare con buone probabilità di certezza ciò che è vero e ciò che è falso.
La Scienza della Verità non ha la pretesa di dire cosa sia la Verità, non si occupa di cosa sia vero o falso, si occupa di proporre una metodologia che con buona probabilità sappia indicare come arrivare alla Verità.
Nella Prima Attenzione la Realtà è Reale, nella Seconda Attenzione la Realtà svela la Verità, entrambe devono compiersi rispettose l’una dell’altra.
Il Padrone della Nuova Visione, opera per la coincidenza tra Realtà e Verità e riconosce tale coincidenza in ogni evento, ed è in grado di operare su di essi avendo a disposizione il know how necessario e sufficiente per comportarsi “come se” la Verità non avesse confini ma ad essa si accedesse riconoscendo l’esistenza di confini.
Il Padrone della Visione sa e si comporta “come se” sapesse che la Realtà è logica e la Verità è paradossale, sa e si comporta “come se” sapesse che all’ esperienza sconfinata dei territori della Verità si accede grazie alla conoscenza di buone mappe e al riconoscimento dei loro confini, qui e ora, grazie al pensiero e alla sua dissoluzione nell’intuizione.
L’ Epistemologia della Seconda Attenzione opera per una Scienza della Verità che sappia distillare gocce di Verità dal mare magnum della Realtà.
L’ipotesi è che la Verità, ineffabile per definizione, si sveli attraverso la Realtà quando viene rispettata la Legge.
L’ Epistemologia della Seconda Attenzione propone una fenomenologia per descrivere la Legge e riconoscerla, una cartografia per definirla, strumenti per rispettarla, mappe per elaborare i dati raccolti e riconoscerne o meno le garanzie di validità.
Qui di seguito ci limiteremo a condividere una chiave di consapevolezza che abbiamo chiamato passaggio dallo zero. Un chiave che potrebbe dirci qualcosa su come tracciare linee guida per una scienza della verità.
Passaggio dallo zero
Come è noto da diversi decenni ormai la fisica moderna sostiene con la forza dell’evidenza sperimentale la centralità del concetto di vuoto.
La ricerca su quello che veniva considerato "spazio vuoto" riservò delle sorprese. Nella loro indagine i fisici osservarono oltre ogni ragionevole dubbio la creazione e la scomparsa di alcune particelle apparentemente "dal nulla". Lo spazio vuoto, ai loro occhi, si rivelò in realtà uno spazio creativo rigonfio di attività, configurandosi così come il luogo di tutti i campi e di tutti i fenomeni. Ogni centimetro cubo di spazio vuoto risulta contenere più energia dell’energia totale di tutta la materia nell’universo conosciuto!( )
Viene in mente allora il passaggio dallo zero richiesto dalle diverse tradizioni della filosofia perenne come ad esempio la condizione vuoto e sveglio dello zen, lascia tutto e seguimi di evangelica memoria, questo è un buon giorno per morire dei nativi americani, so di non sapere di Socrate.
Rivolgersi dentro e abbeverarsi alla fonte, sembra caratterizzarsi come la via maestra.
Il passaggio dallo zero ci consente di riconoscere nel dialogo tra soggetto ed evento, una fenomenologia dell’identificazione distinguibile chiaramente da una fenomenologia della disidentificazione.
Risulta evidente che la metodologia di una scienza che voglia dedicarsi allo studio del dialogo tra soggetto ed evento debba differenziarsi nettamente da una scienza che scelga di limitarsi allo studio degli eventi. Quella che stiamo chiamando scienza della coscienza o della verità estende la sua giurisdizione sui dati forniti dall’evento osservato, le Evidenze Cliniche Esplicate (ECE) e sui dati relativi a ciò che succede nel Padrone dei Dati, in quelle che abbiamo chiamato Inerenze Essenziali Implicate (IEI). I suoi strumenti di indagine sono rappresentati dall’attenzione e più precisamente dalla Prima e dalla Seconda Attenzione.
Alla Prima Attenzione verrà affidato lo studio dei dati di Realtà, al lordo potremmo dire di giudizi e pregiudizi, desideri e avversioni, bisogni e paure, proiezioni e identificazioni (questo è questo).
Alla Seconda Attenzione verrà delegato il compito di purificare la percezione della Realtà grazie a osservazione pura (senso visto), sensazione pura (senso sentito), azione pura (senso agito).
Di fronte alla legittima domanda su quali siano le garanzie che consentano di affermare che siamo in presenza di osservazione pura, sensazione, pura, e azione pura proponiamo una mappa quantitativa e qualitativa, fondata su ECE e IEI.
Così come in presenza di piazza Navona, del Colosseo e della Fontana di Trevi possiamo dire, con una certa garanzia di validità che ci troviamo a Roma, allo stesso modo la mappa che presentiamo vuole fornire garanzie di validità per consentirci di affermare che al cospetto di una certa fenomenologia di ECE e IEI, ci troviamo in presenza di identificazione o di disidentificazione.
La Sindrome Egoica di Identificazione
La mappa seguente suggerisce che l’identificazione, prodotta da attaccamento a giudizi e pregiudizi, desideri e avversioni, bisogni e paure, proiezioni e identificazioni, determini un Isomorfismo del Malessere riconducibile a livello fenomenologico a quella che abbiamo chiamato Sindrome Egoica di Identificazione (SEI).
La SEI a livello di senso visto, a tutti i livelli osservabili appare caratterizzata da:
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asimmetria diffusa, contrazione, opacità, ammassi concentrati, presenza di intrusioni, interruzioni scure, scarsa mobilità, addensamenti, assenza di pulsazione, invadenza, mancanza di rispetto, interferenza.
La SEI a livello di senso sentito, ad ogni livello sensibile appare caratterizzata da
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tensione mentale, blocco cervicale, mandibola serrata, spalle contratte, stomaco chiuso, respiro interrotto, pancia gonfia, rigidità articolare, ipertonia muscolare arti inferiori.
Fenomenologia che se persiste può condurre gradualmente verso la seguente sintomatologia:
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cervicalgia, disturbi visivi, emicrania, bruciori di stomaco, eruttazioni, flatulenza, disturbi infiammatori e dolori articolari diffusi, lombo-sciatalgia, astenia, debolezza, ansia, irrequietezza, preoccupazione.
Che aggravandosi può manifestare :
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insonnia, nausea, vomito, problemi dentari e gengivali, vertigini, cefalea, acufeni, nevralgie, periartrite, ulcera gastrica, dispnea, alvo irregolare, coliche intestinali, epatiche o renali, spossatezza, depressione, confusione mentale.
E precludere allo sviluppo di sindromi patologiche conclamate.
La Sei a livello di senso agito, ad ogni livello agibile, appare caratterizzata da:
Inibizione dell’azione, repressione, blocco, cronicizzazione, circolo vizioso, contrastare ciò che è, interferenza, mancanza di rispetto, distanza da se stessi, disarmonia, giudizio senso di impotenza, colpa, paura, ecc
E precludere a comportamenti psicopatologici conclamati.
La Configurazione Fenomenologica della Disidentificazione
Allo stesso modo è possibile tracciare una mappa della disidentificazione la cui Configurazione Fenomenologica (CFD) raccolga le diverse manifestazioni di quello che possiamo chiamare Isomorfismo del Benessere prodotto da osservazione pura, azione pura e sensazione pura.
La CFD a livello di senso visto, a tutti i livelli osservabili appare caratterizzata da:
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Luminosità, fluidità, brillantezza, vivacità, armonia, libertà, rispetto, sinergia, condivisione, pulsazione e risonanza.
La CFD a livello di senso sentito, ad ogni livello sensibile appare caratterizzata da
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Occhi chiari, mente vuota, cuore leggero.
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Espansione, fluidità, naturalezza, semplicità, benessere, armonia, calore, pienezza vuota, colore, pace, amore, condivisione, sorgente, casa, luce, amore.
La CFD a livello di senso agito, ad ogni livello agibile, appare caratterizzata da:
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Fare senza fare, scomparsa a sé stessi, nessuna strategia, qui e ora, naturalezza naturale, fluidità, circolo virtuoso, conformarsi a ciò che è, risonanza, interconnessione, persistenza del contatto, armonia, osservazione non giudicante, amore compassionevole, responsabilità, potere personale, fiducia, ecc.
Seguendo queste linee guida il Padrone della Visione potrebbe arrivare a raccogliere dati e ad elaborarli in un modo che fornisca garanzie di validità a sostegno dell’importanza dell’osservazione e della disidentificazione per accedere ai territori ineffabili della Verità o se si preferisce al benessere.
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1 Dal latino confinem, linea che segna la fine dividendo un fondo da quello attiguo
2 Dal latino immanentem, permanente nell’altro
3 Dal latino inhaerentem, attaccato, unito, insito