Sviluppo dalla creazione di coscienza condivisa
Siamo in un periodo di grandi cambiamenti e perciò di grandi opportunità, che si riflettono drammaticamente nel campo della psicologia e delle scienze affini. A fronte di gravi errori politico gestionali ormai compiuti, che hanno permesso un eccesso di iscrizioni alla facoltà di psicologia e creato una quantità di scontento nei giovani disoccupati che ne sono derivati, non abbiamo avuto un sufficiente rinnovamento degli atenei, del sistema ordinistico, della concezione della scienza, delle modalità e libertà fondamentali nel gestire una professione che potrebbe dare molto di più di quello che sta dando ora al paese, compreso opportunità di lavoro e sviluppo.
Togliamoci dalla mente che esista una sola buona scienza, un sommario esame storico dovrebbe farcelo capire: buona scienza e cattiva scienza sono sempre esistite e vanno commisurate con quello che è il periodo ed il sistema culturale di riferimento. La scienza della antica Cina era sufficientemente buona per gestire quel sistema ed aveva sviluppato conoscenze che ancora oggi ci sono utili; gli antichi Maya, pur nella loro oggi inaccettabile crudeltà, avevano sviluppato una conoscenza astronomica che fa ancora parlare di sé, ma quei sistemi non sono certo adatti al nostro mondo odierno.
Oggi allora di quale scienza abbiamo bisogno? Assistiamo ad una lotta nel campo delle professioni di area psi tra una visione validissima, ma abbondantemente superata, che è quella della scienza classica, di matrice biomedica, che si rifà alla prospettiva convenzionale iniziata con Cartesio e Newton più di 300 anni fa, ed una nuova visione emergente. Questa concezione del mondo non è il pur valido relativismo postmoderno, ma qualcosa di più ampio, che sta prendendo forma nel momento della grande crisi mondiale e della globalizzazione. Le soluzioni ai gravi problemi di oggi non possono essere portate da strategie decotte quali il ricorso alle ideologie, cattoliche o comuniste, progressiste o conservatrici. Da menti nuove deve sorgere un assetto adatto ad affrontare le grandi sfide che ci si pongono davanti.
Siamo bloccati nella lotta tra due mammut già estinti: la scienza trionfante nelle accademie e nei talk show basata sul paradigma newtoniano-cartesiano, che pone una delimitazione assoluta tra soggetto ed oggetto (materialismo, positivismo, fisica classica, comportamentismo, cognitivismo, neuroscienze, protocolli evidence based), e la visione umanistica, che afferma la necessità di una attenta valutazione della interazione tra soggetto ed oggetto (criticismo kantiano, romanticismo, psicanalisi, olismo, naturopatia, ecologia, sistemica, nuova fisica). Entrambi i pachidermi sono validi, importanti e fanno parte della nostra storia. Il pachiderma numero uno sta schiacciando in questo momento il numero due, ma è una questione ciclica nella storia dell'occidente, l'uno rinasce periodicamente dalle ceneri dell'altro e se nella università degli anni 70 dovevi sapere a memoria quanti peli aveva Freud nella barba, oggi la psicologia accademica a malapena tollera la psicanalisi.
Cosa possiamo fare nel momento presente per onorare la crisi che ci sta chiamando ad un rinnovamento vero? Credo che lo sforzo necessario sia oggi sfuggire alle contrapposizioni inutili e fare un salto a piè pari in una visione più matura, non partigiana, ma integrata, nella quale si riesca ad avere uno sguardo d'insieme ed a superare le continue reincarnazioni di pachiderma uno e due, che tendono a credersi la soluzione ed invece sono il problema, in quanto miopemente si assurgono a totalità. Un atto rivoluzionario dei nostri giorni non è il grillismo, ma la possibilità che forze opposte collaborino riconoscendosi e dando origine politicamente ad una democrazia vera. Nel campo della scienza questo equivale ad una concezione integrale che Wilber chiama di secondo livello (second tier), originata dalla capacità di non identificarsi partigianamente in un sistema ideologico, pre o post convenzionale che sia, ma di amare e riconoscere momenti evolutivi successivi nei vari step culturali della umanità e dar loro la valenza che hanno nel relativo contesto. Così è importante riconoscere ed onorare i portati del cognitivismo, delle neuroscienze, della psicanalisi, della bioenergetica e della sistemica o, per cambiare contesto, la funzione che i medici scalzi hanno avuto nell'ambito della rivoluzione culturale cinese, la funzione dello sciamano nei paesi del centroafrica assieme a quella del medico di pronto soccorso. Da questo sguardo di insieme intelligente, disidentificato e comprensivo possono nascere nuove interazioni che creano miracoli. Gli studi di Beck e Cowans sulla spirale evolutiva - il concetto che ho appena solo tratteggiato - hanno contribuito a generare la impossibile soluzione del Sudafrica moderno. Quella che pareva essere una terra destinata alla segregazione od al bagno di sangue è divenuto un paese moderno e democratico, proprio per la capacità di integrare valori, conoscenze e culture in maniera pratica e rispettosa.
Oggi questo è augurabilmente possibile nel nostro paese, che nel tempo del capitalismo 3.0 deve ancora fare la rivoluzione liberale, uscire dal corporativismo, dall'ideologismo, dalla morsa soffocante della partitocrazia, della sindacatocrazia e dei privilegi, ed infine aprirsi al pluralismo senza perdere la propria identità... obiettivi che paiono impossibili da raggiungere, ma ormai di fronte alla crisi divenuti irrinunciabili.
In questo panorama una psicologia evoluta è più che necessaria, una psicologia che non rinunci alla sua funzione di scienza di raccordo e che serva da lievito per la trasformazione con le sue conoscenze. Per fare questo e creare sviluppo la psicologia non può limitarsi ad essere una ancella della medicina che difende corporativamente i propri ristretti confini e crea anacronisticamente pali e paletti alla iniziativa dei suoi stessi attori, ma deve riscoprire la sua profondità (esiste ancora la psicologia del profondo?), la sua matrice esperienziale, la sua varietà, aprirsi al nuovo, sviluppare il suo potenziale applicativo in ogni contesto, collaborare con le altre professioni e non temere la concorrenza delle nuove, in questo condividendo generosamente la propria conoscenza - assurdo chiuderla nell'era di internet - ed assumendo una propria rispettabile funzione centrale in tutta la area psicologica.
Questo è il compito straordinario che attende la psicologia oggi, dalla sua esplicazione possono venire sviluppo, soddisfazione nel lavoro e ricchezza per gli psicologi e per il Paese.
Bibliografia
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